Maestro Francesco Mario Bissolotti

La formazione culturale e lavorativa del maestro è particolarmente interessante, poiché egli nasce prima come intagliatore ed intarsiatore e solo in un secondo tempo apprende l'arte della liuteria. Si accosta all'arte dell'intaglio durante gli anni '40, ma continua fino agli inizi degli anni '50. Sempre in quel periodo Bissolotti si dedica allo studio della musica e del violino e questa sua passione, sapientemente coltivata lo porterà a diventare un ottimo violinista dilettante.

Nel 1957 si iscrive alla Scuola di Liuteria di Cremona, che frequenta per quattro anni diplomandosi nel 1961. E' allievo del maestro liutaio Pietro Sgarabotto, dal quale apprende pienamente la lezione liutaria. Sicuramente la liuteria di Sgarabotto non è mai stata troppo morbida e raffinata, ma è oltremodo forte, decisa e di grande personalità.

Con Pietro Sgarabotto, Bissolotti mantiene un ottimo rapporto di amicizia e di stima che si interrompe soltanto nel 1990, anno della morte del suo vecchio maestro. Sempre in quei primissimi anni '60, i liutai milanesi Giuseppe Ornati e Ferdinando Garimberti tengono a turno un corso di restauro presso la Scuola di Liuteria.

Il corso tenuto dai due liutai milanesi era molto interessante ed istruttivo, all'epoca Ornati e Garimberti erano veramente due grandi artigiani e liutai dalle molteplici esperienze. Aver seguito il loro corso è sempre stato considerato da Bissolotti una grande fortuna e un'ottima occasione di apprendimento. Egli ricorda con affetto i due vecchi liutai. Non si può capire l'evoluzione stilistica e liutaria di Bissolotti se non si conosce a fondo il suo rapporto con il grande liutaio e restauratore italo-americano Simone Fernando Sacconi.

Bissolotti lo incontra la prima volta nel 1958, presso la Scuola Internazionale di Liuteria, scuola che il grande esperto, di passaggio in Italia, aveva voluto visitare; era la stessa scuola che gli era stato chiesto di dirigere nel 1937, cosa a cui lui aveva a malincuore rinunciato. Questo liutaio italo-americano aveva uno sviscerato amore per la città di Cremona e per i suoi antichi liutai e proprio questo amore per l'antica liuteria aveva reso possibile che il rapporto di conoscenza tra Bissolotti e Sacconi si trasformasse in una profonda amicizia, ricca di reciproca stima e di proficua collaborazione professionale.

Questo incontro è fondamentale per la crescita liutaria di Bissolotti il quale, avendo da subito compreso di trovarsi di fronte ad un uomo ed artigiano eccezionale, si pone volentieri sotto la guida e dal 1962 al 1972 perfeziona così il suo lavoro, avvicinandosi sempre di più ai misteri dell'antica liuteria cremonese. Apprende così la tecnica costruttiva della forma interna, di cui Sacconi, che da tempo ne aveva attuato il recupero, gli svela tutti i segreti. Bissolotti compie così un viaggio nelle tecniche del passato per potersi sempre più proiettare nel futuro della moderna liuteria cremonese. Nel 1962 Sacconi gli propone di trasferirsi a New York a lavorare con lui, presso la Casa Wurlitzer, si sarebbe così perfezionato nella costruzione degli strumenti nuovi e nel restauro. Ciò non è possibile, ma il rapporto tra i due non si interrompe, dato che Sacconi comincia da allora a passare le sue ferie a Cremona, tornandovi dal 1961-1972 per 45-60 giorni quasi tutti gli anni e utilizzando la bottega di Bissolotti come punto di riferimento e base logistica.



Sempre nel 1962 Sacconi e Bissolotti cominciano a dedicarsi al riordino del Museo Stradivariano, allora denominato Museo di Organologia e collocato al secondo piano del Palazzo dell'Arte, in Piazza Marconi, a Cremona. I giorni ed i mesi passati all'interno del Museo di Organologia, consentono al giovane Bissolotti di maneggiare e conoscere a fondo gli attrezzi, le forme ed i disegni originali della bottega di Antonio Stradivari e dei suoi due figli Francesco ed Omobono. Sapientemente accompagnato dal suo grande maestro, che peraltro conosceva già benissimo i reperti stradivariani, essendo stato allievo di Giuseppe Fiorini, che li aveva donati al Comune di Cremona, Bissolotti si addentra sempre più nel mondo settecentesco cremonese, dove l'arte liutaria raggiunge i massimi livelli della sua storia.

Classificando, ordinando e restaurando i reperti di quell'epoca mitica, il giovane maestro può avvicinarsi allo spirito della bottega stradivariana, comprendendone l'ordinato funzionamento, vi regnavano una meticolosità ed una precisione quasi maniacali, non trovava posto l'improvvisazione, sia nei disegni, che nei gesti e nelle misure. Egli capisce ulteriormente che il maestro che aveva scelto e dal quale era stato scelto, gli stava svelando i veri segreti di Stradivari, poco misteriosi, ma difficili da raggiungere, come la modestia, l'emozione per la propria arte e una precisione quasi maniacale, ma sempre aperta a tutte le soluzioni che possono migliorare la qualità del lavoro, facendo sempre tesoro dell'esperienza dei liutai precedenti. Antonio Stradivari possedeva tutto ciò, nel suo tempo egli fu, ed è tuttora, la massima espressione di un'arte, certamente non facile, ma affascinante: la liuteria. Dice Bissolotti: "E' stato in quel Museo e attraverso quelle esperienze e conoscenze che ho capito l'importanza di costruire gli strumenti secondo il metodo dei grandi cremonesi: la forma interna".

Lavorare con la forma interna richiede un impegno non soltanto manuale, ma anche intellettuale, richiede una capacità creativa e di ideazione che chiama in causa tutta la personalità dell'artigiano liutario. Sacconi ritorna negli Stati Uniti nell'autunno del 1962 ed inizia con Bissolotti, che nel frattempo insegna presso la Scuola di Liuteria, una fitta corrispondenza. Sempre solerte nelle spiegazioni, manda fotografie, disegni o semplici schizzi di suo pugno con dati, misure e commenti, non si nega mai, tanto è il suo amore per l'insegnamento. Ogni estate, fino al 1972, Sacconi arrivava puntuale a Cremona per trascorrervi il suo periodo di ferie. Sin dai primi giorni dal suo arrivo si installava nella bottega di Bissolotti, che dal 1971 è in Via Milazzo e dal 2001 è ubicata in Piazza S. Paolo 5, dove passava parecchie ore al giorno a dispensare consigli ed insegnamenti e dove si divertiva a sperimentare nuove soluzioni sulla composizione delle vernici. Quando musicisti e collezionisti sapevano dell'arrivo a Cremona del grande restauratore, portavano nella bottega di Via Milazzo i loro prestigiosi strumenti, affidandoli a Sacconi per piccole riparazioni o soltanto per delle semplici messe a punto. Di ognuno il vecchio maestro spiegava tutta la storia al giovane liutaio, indicandogli i particolari e le caratteristiche estetiche ed acustiche. Sono anni di straordinarie e grandissime esperienze, una stagione irripetibile. Nel 1973 Sacconi scompare, ma aveva seminato in Bissolotti un bagaglio di esperienze e di conoscenze che il giovane liutaio non avrebbe mai potuto conquistare in alcun modo da solo e Bissolotti ne ha fatto tesoro, continuando l'opera del suo maestro, del quale ricorda la rettitudine, la moralità, la straordinaria generosità, la modestia e la sua incrollabile fiducia nelle capacità e potenzialità di ognuno.

Dopo il decennio con Sacconi, lo stile di Bissolotti è cambiato totalmente, la sua liuteria si è sempre più allontanata dalla lezione di Sgarabotto, palesava e palesa tutt'ora, il suo tributo all'antica liuteria classica cremonese, una liuteria comunque sempre in evoluzione, che prosegue a tutt'oggi, e che, figlia del sistema cremonese della forma interna, non può fermarsi ma può solo progredire, tali sono le peculiarità e le possibilità di questa metodologia costruttiva. Nel 1973 Bissolotti ed alcuni suoi giovani colleghi ed allievi fondano l' ACLAP (Associazione Cremonese Liutai Artigiani Professionisti), associazione che si propone di divulgare e valorizzare il processo di costruzione del violino e degli strumenti ad arco secondo il metodo classico cremonese. E' così che nel 1980 Francesco Bissolotti idea e realizza la grande mostra itinerante " Liuteria classica, un metodo", sul processo di costruzione del violino secondo il sistema classico cremonese. Frutto della sua grande esperienza liutaria e della lezione di Sacconi, la mostra composta di quattro sezioni, proponeva e propone ancora oggi al visitatore (ora è una mostra permanente situata a Palazzo Trecchi a Cremona) una sorta di viaggio dentro lo strumento, svelandone i "segreti" del processo creativo. Questa importante mostra, che ha fatto il giro d' Europa, esplica in modo esaustivo tutta la metodologia costruttiva del sistema classico cremonese, usato da Bissolotti e dalla sua scuola, diretta evoluzione del sistema costruttivo di Amati, Guarneri e Stradivari, che Sacconi e Bissolotti hanno adattato alla costruzione del violino moderno, essendo il vecchio sistema nato per la costruzione di strumenti barocchi. All'interno della metodologia di Bissolotti vi sono quindi alcune varianti che peraltro differenziano il violino barocco da quello moderno, quali l'incastro del manico nello zocchetto superiore. Altre differenze sono nella maggior lunghezza del manico, della tastiera e della catena del violino moderno rispetto a quello barocco. Al di là di questi dettagli, dovuti all'evoluzione dello strumento e della sua relativa musica, la metodologia costruttiva è identica a quella degli antichi liutai di Cremona. Secondo questo processo costruttivo, la base dello strumento è la forma (in legno) che viene progettata attraverso un disegno, che in Stradivari ha raggiunto un altissimo livello di armonia, di compiutezza estetica, di economia stilistica e tecnica.

Questa forma, detta interna, per differenziarla da quella francese, indicata come forma esterna, è effettivamente interna allo strumento, infatti esso viene costruito attorno e sopra la forma, la quale rimane all'interno. Questa verrà estratta in una seconda fase, consentendo così la chiusura della cassa armonica. Con tale metodo lo strumento si sviluppa intorno alla sua forma in legno e pur seguendo un ovvio rigore stilistico che limita le innovazioni ingiustificate e gli arbitrii, lascia l'artigiano interamente libero di intraprendere il processo costruttivo secondo le proprie sensazioni e la propria personalità. Tutti gli strumenti che il liutaio farà con la stessa forma saranno simili, ma mai uguali, per cui ogni strumento sarà sempre un pezzo unico, unico e solo testimone dell'atto creativo dell'artigiano. La forma interna e il sistema classico cremonese, appare per queste sue tipiche peculiarità, la più idonea a sviluppare le possibilità acustiche e stilistiche dello strumento e nello stesso tempo libera tutte le potenzialità del liutaio. Si può ben dire che questa lavorazione premia ed esalta l'inventiva e l'estro del liutaio. Bissolotti di questa metodologia ha fatto la sua ragione di vita liutaria e si è sempre prodigato ad insegnarla e a divulgarla ai suoi discepoli e a difenderla dai moltissimi attacchi provenienti da altri ambienti liutari che caldeggiano e praticano una liuteria con una diversa impostazione metodologica. Nel 1982, il celebre violinista italiano Salvatore Accardo propone a Francesco Bissolotti la costruzione di una gran viola a cinque corde. Questo strumento era ed è necessario al Maestro Accardo per poter eseguire al meglio, in modo completo e corretto, la Sonata per gran viola di Niccolò Paganini. L'aggettivo "gran" si riferisce ad una viola speciale a cinque corde che, si dice, il celebre virtuoso genovese commissionò ad un liutaio di Forlì, Francesco Borghi e che fu chiamata "controviola Paganini". Di questa antica controviola non esistevano più tracce, non c'era nessun disegno e quasi nessun ricordo. Tutto questo non fa altro che esaltare la sfida che Bissolotti andava intraprendendo: la costruzione della "gran viola Paganini". Come sempre aveva fatto si mette a studiare il problema partendo dallo studio dei lavori passati dei classici cremonesi, che come la storia ha dimostrato, sono a tutt'oggi un punto di riferimento ancora insuperato. Come base per la costruzione della forma interna prende a modello una forma stradivariana di una viola del 1672 della lunghezza di cm 41, conservata nel Museo di Cremona. Questa forma, dopo un accurato e ponderato studio viene allungata, essendo lo strumento finale a cinque corde. Vengono studiati spessori più adatti, vista la modificata e più forte tensione delle corde sul ponticello, la catena viene concepita di conseguenza, in modo da essere più robusta del normale, anche le effe subiscono una appropriata modifica. Pur rispettando lo stile stradivariano ridisegna completamente la testa, dato che doveva portare cinque piroli, uno in più del normale. Costruisce tutti gli accessori per la montatura, visto che non esisteva nulla di simile in commercio e vengono commissionate tutte e cinque le corde, essendo di lunghezza superiore alla norma.

Nella realizzazione di queste modifiche, il maestro ha sempre cercato di coniugare eleganza e praticità, il risultato finale è stato uno strumento veramente ottimo, sia dal punto di vista estetico che da quello acustico ed è riuscito a soddisfare appieno l'esigente Maestro Accardo e l'altrettanto esigente Maestro Bissolotti. Nel 1982, Francesco Bissolotti, dopo ventidue anni di insegnamento presso la Scuola di Liuteria di Cremona, scuola spesso avara di soddisfazioni, ma da lui sempre amata, anticipando di qualche anno la pensione, si congeda. Si dedica definitivamente a tempo pieno al lavoro nella propria bottega di Piazza S. Paolo in compagnia dei suoi figli e dei suoi allievi. Dal 1982 ad oggi ha trascorso anni di grande lavoro, e ha prodotto numerosissimi strumenti: viole, violini e violoncelli sono usciti dalla sua bottega per disperdersi in quasi tutto il mondo.

Principali allievi del Maestro Bissolotti sono i suoi quattro figli, Marco Vinicio, Maurizio, Vincenzo e Tiziano, quest'ultimo purtroppo è scomparso nell 1995. Essi fin da piccoli frequentavano il laboratorio del padre cominciando ad interessarsi e ad incuriosirsi per quello strano lavoro, per quei legni così preziosi, per i suoni e per le essenze colorate utilizzate per la composizione delle vernici. Qualche anno dopo, adolescenti, erano già nel laboratorio del padre ad imparare la liuteria e anche ora dopo più di trenta anni sono ancora tutti uniti con il padre come nelle antiche botteghe cremonesi, anche se a loro volta sono diventati dei maestri. Benché tutti i figli siano allievi del padre Francesco, essi nel loro lavoro esprimono alcune differenze frutto delle loro diverse personalità e spesso tra padre e figli si discute sulla liuteria e sul modo migliore per affrontarla.

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